(di Lucio Vacchiano)
Dopo lo spettacolo comico delle consultazioni, il ritorno al ‘vuoto’ in estate scongiurato e i vari ‘tiraemolla’ di queste settimane, la situazione ‘drammatica ma non seria’ (Flaiano dixit) dell’ultim’ora sembra intravedere un po’ di luce all’orizzonte. Il sembra e il pare, che dalle nostre parti sono d’obbligo, non ci esimono comunque dal commentare gli ultimi (chissà se definitivi) scenari.
Molti operatori politici, insieme ai soloni della partitocrazia hanno osteggiato fin d’ora una tesi elementare. La seguente: per togliersi dal cazzo o di torno (a seconda del vostro bon ton) i populisti bisogna farli governare. Da osservatori critici 5 Stelle abbiamo sempre ritenuto necessaria la prova di governo, una resa dei “tonti” che ponesse i ‘peppecrillari’ al banco di prova. Al di là della sciagura di ritrovarsi Luigi Di Maio agli Esteri o agli Interni, troviamo altresì infondato il terrore di chi ha visto sfilare via via negli anni governi tecnici, tattici e ben più visionari di questo a colore giallo-verde. Molti altri, giornaloni in primis, hanno ancora una volta dato per finito Silvio Berlusconi, a loro detta il vero sconfitto di questa tornata. Più che rimanere col cerino in mano, a noi pare che tra le mani si trovi a tenere il ben più decisivo ago della bilancia; indicatore tutt’altro che irrilevante delle sorti degli ora festanti vincitori. Dal versante PD, c’è da dire che nel marasma della babele, l’unico che ha tenuto una posizione coerente è lo stesso Matteo Renzi che salva il salvabile di un partito ormai alla deriva. Non si illuda però che i suoi consensi passino per le sventure altrui.
La Lega dovrà dimostrarsi il vero motore del cambiamento, mettendo a disposizione il meglio della sua classe dirigente, la stessa che guida il Nord; la stessa che predica male ma razzola benissimo, che governa comuni e regioni in modo tutt’altro che populista. Prosegua l’ottimo lavoro svolto da Marco Minniti in tema di immigrazione, non si lasci incantare dalle sirene e dall’irrealismo a 5 Stelle insomma.
È la democrazia bellezza. Chi vince governa. Non saremo alla porta per augurarci alcuna disfatta ma saremo bensì vigili e critici, col pessimismo che sempre accompagna gli eterni disillusi. Cari Populisti ora tocca a voi. In caso di fallimento a quel punto l’unico governo auspicabile sarebbe quello a conduzione Grillo-Berlusconi. Con un premier terzo, incarnato nella figura di Giorgio Panariello. Quello sì, finalmente, un governo di puro e serio cabaret.